Antropocentrismo

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Oltre l'antropocentrismo - La crisi del valore intrinseco nel mondo contemporaneo

[In occasione del XI Convegno dei dottorandi e dottori di ricerca - Università Tor Vergata, Roma - Giugno del 2019]

Partiamo dall’origine, cioè, dal Libro della Genesi.

Nonostante le cosmogonie delle grandi religioni monoteistiche varino tra di loro, un punto di intersezione senz’altro c’è: l’uomo è considerato il sovrano della creazione. È un presunto Dio che lo dice, per esempio, nella genesi: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l'uomo a sua immagine; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra.

Prima di tutto, vorrei sottolineare due verbi che appaiono costantemente nelle cosmogonie religiose in riferimento all’azione umana verso la natura: soggiogare e dominare. Questa credenza dell’uomo come creatura dominante determina un modello etico che chiamiamo “antropocentrismo”.

La mia ricerca dottorale riguarda il processo di amplificazione dei valori bioetici nella contemporaneità, soprattutto di fronte a una nuova comprensione cosmica che ritrae l'essere umano dal suo luogo di privilegio, processo iniziato da Giordano Bruno, Copernico, Kepler e Galileo, i quali descrissero la Terra non come centro dell’universo, ma come un pianeta tra tanti altri. Ogni avanzamento cosmologico ci permette di diminuire la nostra umana vanità. 

Il sistema bioetico sotto il quale viviamo è quello conosciuto come antropocentrismo. Le sue radici sono antiche nel contesto delle filosofie sia laiche che religiose. Secondo la prospettiva antropocentrica, solo gli esseri umani sono enti dotati di diritti perché la base del valore intrinseco è la capacità di pensare razionalmente e di agire moralmente. Gli agenti morali quindi ne sono anche i pazienti morali. 

Sviluppato non soltanto lungo linee religiose ma anche lungo quelle kantiane, l'antropocentrismo sostiene il “principio di rispetto per le persone”. Ma chi sarebbero le cosiddette persone? Giuridicamente parlando, una persona è un soggetto di diritto e ce ne sono due tipi: la persona fisica e quella giuridica. Sia in Italia che in Brasile io sono una persona, essendo umano. Anche una ditta è una persona giuridica, dato che viene composta da enti umani. Gli altri animali, invece, non sono considerati “persone”, nemmeno quelli di cui abbiamo cura, come i gatti e i cani. Gli animali non umani sono giuridicamente considerati “beni mobili”. Questa comprensione giuridica si basa sulla filosofia antica che, con poche varianti, viene sostenuta da Aristotele, Locke, Cartesio, ecc.

Il resto della natura è visto come amorale e quindi non gli viene assegnato alcun valore intrinseco. La natura è preziosa in quanto contribuisce al benessere umano, ma gli animali, le piante, i microbi e l’ecosistema non hanno altri diritti oltre quelli che noi umani scegliamo di dare loro per motivi strumentali. 

Nonostante l’antropocentrismo sia il modello bioetico dominante fino a oggigiorno, stiamo assistendo a una crisi caratterizzata dall’amplificazione del soggetto del valore intrinseco. L’antropocentrismo a poco a poco viene confrontato col modello zoocentrico proposto da Julian Huxley, biologo e primo direttore generale dell’UNESCO. Lo zoocentrismo attribuisce valore intrinseco non all’intelligenza, non alla ragione, ma alla senzienza, cioè, alla capacità di sentire. Di sentir la paura, l’affetto, il desiderio, la fame, il freddo ecc.

Il prete americano Richard John Neuhaus fu probabilmente il primo autore a far riferimento alla crisi dell’antropocentrismo. Neuhaus lavorò come consulente non ufficiale del presidente George Bush sulle questioni bioetiche, e pubblicò il libro In Defense of People. Allineato al paradigma religioso antropocentrico che vede l'uomo come il centro del mondo e la natura come una sua serva, Neuhaus in questo libro critica ciò che secondo lui è un“catastrofismo isterico” degli attivisti ecologici.Neuhaus li accusa di cercare di impedire la via del progresso, e vaticina: l’uomo non ha il potere di distruggere l’opera di Dio. Secondo lui, il timore degli ecologisti non è altro che un’arroganza. Il suo è un pensiero basato sulla fede. Neuhaus ha la certezza dell’esistenza di un Dio fornitore, e pensare il pianeta come una risorsa limitata sarebbe più che inconcepibile. Sarebbe eretico. Bush e gli altri presidenti repubblicani, come Trump, amano il pensiero di Neuhaus soprattutto perché si tratta di un pensiero che sostiene la politica economica detta liberale. Attualmente (2019), in Brasile, abbiamo un presidente il cui pensiero ne evidenzia similitudini e nonostante egli non ne dimostri una conoscenza profonda, la matrice delle sue azioni è quella chiamata neopentecostale, estremamente conservatore, che ogni tanto mette in dubbio anche la posizione del sole come centro del sistema, perché non concepisce una realtà in cui l’ente umano non sia il centro, il dominante assoluto. La principale guida spirituale del presidente brasiliano è un polemista così innamorato di Aristotele che non ammette il superamento della cosmologia aristotelica. 

Nonostante la matrice del pensiero di Neuhaus si basi sulla credenza in un Dio infinitamente fornitore e protettore, egli ha ragione quando afferma che l’essere umano non è capace di distruggere il pianeta. La Terra ha subìto dei cataclismi non soltanto una o due ma cinque volte. In ogni cataclisma, la vita ricominciò il suo inesorabile passo. Il filosofo ebreo Hans Jonas sottolinea che l’essere umano però è capace di distruggere le condizioni ambientali la cui struttura ci permette di esistere. Possiamo estinguere quasi tutta la vita sulla Terra, ma non tutta. Se ogni bomba nucleare esplodesse in questo esatto momento, i batteri estremofili continuerebbero ad esistere.




Questo che vedete, per esempio, è il batterio deinococcus radiodurans. È in grado di resistere a dosi di radiazioni capaci d’uccidere qualsiasi animale. Questo batterio ha il potere di riassemblare la struttura funzionale dei suoi cromosomi. È in grado di sopravvivere al freddo estremo, alla disidratazione assoluta, all’intensa acidità e perfino al vuoto cosmico, perciò viene considerato un organismo poliestremofilo. Fu scoperto nel 1956. Questo organismo non è l’unico superbatterio esistente sulla Terra, è soltanto il più potente tra di loro. 

Ossia, Neuhaus ha ragione, ma non esattamente come pensano i suoi seguaci (e neanche egli). Ammettiamo che ci sia un Dio. Egli garantisce l’indistruttibilità della vita, non dell’uomo. Ecco l’avvertenza che ci offre il filosofo ebreo Hans Jonas nel suo libro Il Principio Responsabilità: noi non abbiamo il potere di distruggere la vita, ma siamo perfettamente capaci di rovinare le condizioni che permettono la nostra esistenza sul pianeta.

La presenza umana sulla Terra è abbastanza recente, e la matrice del nostro pensiero antropocentrico tende a illuderci. Prendiamo per scontato che il nostro mondo esiste in uno "stato di stabilità", e visualizzare la Terra come se ci fosse all'interno di una scatola schermata senza interazioni con lo spazio cosmico è un malinteso comune. Le persone tendono a visualizzare se stesse come se vivessero all'interno di una scatola la cui trasparenza non fa altro che consentire l'ingresso e la fuga di luce e calore. Tuttavia, il nostro pianeta subì eventi di estinzione globale innescati da fattori extraterrestri, come ad esempio l’estinzione del Cretaceo-Paleogene. La Terra fa parte di un sistema dinamico più ampio, che è il cosmo stesso.

Quindi, il fattore di estinzione della vita umana può essere antropico, come dice Jonas, oppure cosmico, come avverte Huxley.

A dire il vero, mi pare che finora siamo ancora coinvolti dal paradigma cosmologico aristotelico, il quale definisce la Terra come eterna, l’unico posto in cui ci sarebbe la materia ordinaria, dato che le stelle e gli altri pianeti sarebbero composti da etere. La parola "cosmo" significa "ordine" e "bellezza" in greco, ma questa è una descrizione un po’ illusoria delle attività cosmiche. 

Negli anni 70 del secolo scorso, l'umanità si rese conto dell'esistenza di eventi di estinzione causati da fattori extraterrestri. Questa conoscenza fu ottenuta nella periferia della città italiana di Gubbio in un luogo noto come Gola del Bottaccione. Walter Alvarez, un geologo, notò quanto bruscamente gli animali scomparvero, considerando la presenza fossile nei diversi strati delle rocce. Suo padre, Luiz, un fisico, identificò un’anormale quantità d’iridio nei fossili. L’iridio è un elemento abbondante soltanto negli ambiti extraterrestri, ed è raro nel nostro pianeta. Padre e figlio pubblicarono un articolo intitolato Extraterrestrial Cause for the Cretaceous Tertiary Extinctione, grazie a codesto articolo, subirono critiche per cinque anni. Gli altri scienziati e anche taluni filosofi scrissero degli altri articoli in risposta, paragonando la scoperta degli Alvarez con l’astrologia. Oggigiorno i fattori cosmici di estinzione sono ampiamente conosciuti e unanimi tra gli scienziati.

Quello che la scienza scoprì negli anni 70 fu anche il tema di diverse opere di fantascienza, ad esempio di Rendez-Vous With Rama, di Arthur Clarke. Questo libro inizia con un’allerta: ci immagiamo più importanti e protetti dei dinosauri, e questa è una pericolosa illusione. In quest’opera di fantascienza, all’improvviso una meteora cade su Venezia e distrugge tutto il Nord italiano. Solo dopo questa catastrofe l’umanità si rende conto della sua insignificanza cosmica e decide di agire in modo da evitare altre catastrofi causate da fattori extraterrestri.

Quindi, il superamento della nostra vanità antropocentrica dipende dalla conoscenza della nostra collocazione cosmica. Siamo ancora ipnotizzati dall'idea che l'essere umano sia l'unico dotato di valore intrinseco. A questo punto dobbiamo chiederci cosa sarebbe esattamente un valore intrinseco?

La chiara distinzione tra il valore intrinseco e quello strumentale è una delle più antiche contese nella storia della bioetica. Tra tutte le cose esistenti nell'universo, quali di esse avrebbero un valore per se stesse e quali di esse avrebbero un valore unicamente come strumento?

Il valore strumentale è sempre contingente visto che dipende dal suo contesto. Il valore intrinseco, a sua volta, évoca un'entità che ha valore per sé. Questo ci pone davanti un enigma filosofico difficile da risolvere: come si può parlare di valore intrinseco se un valore dipende da un osservatore capace di riconoscerlo? Ci sono dei filosofi che ammettono il concetto di valore intrinseco come esistente perché creato da noi, ossia, loro seguono una metafisica nominalista. Ce ne sono altri che concepiscono il valore intrinseco come antecedente all’uomo, ossia, loro seguono una metafisica che ammette l’esistenza di un’intelligenza divina che ci antecede.

Non è la proposta della mia tesi discutere se il valore intrinseco sia reale o una finzione di convenienza. La questione che mi rivolgo è: ammettendo che si possa parlare di un valore intrinseco, quali enti ne sarebbero dotati?

Difendo che il valore intrinseco debba essere riconosciuto anche negli animali non umani perché è la senzienza, e non la ragione o l’intelligenza, l’attributo che qualifica un ente come degno di diritti. Sottolineo che ci sono altri modelli bioetici, però la loro discussione si allontana dall’obiettivo e va oltre il tempo di questa presentazione. Infatti, l’era dei dilemmi bioetici cosmici è appena cominciata. Nel 2003, dopo aver analizzato la composizione di Europa (una luna di Giove) con la sonda Galileo, gli scienziati si resero conto dell’esistenza di un inaspettato e voluminoso oceano alieno. La missione Galileo fu interrotta. L’Agenzia Spaziale Americana distrusse la sonda per eliminare il rischio di contaminare l'oceano di Europa con batteri terrestri. Ossia, ebbero l’idea di proteggere un eventuale ecosistema extraterrestre che, secondo gli astrobiologi, probabilmente esiste. 

Oggigiorno, nonostante i dipartimenti di filosofia evitino questo tema, trattandolo come “fantascienza”, gli astrofisici lo prendono sul serio. Tanto l’agenzia spaziale americana quanto quella europea discutono dei temi bioetici nelle loro conferenze. Un tema molto di moda, per esempio, riguarda il nostro presunto diritto di alterare il pianeta Marte, trasformandolo in un mondo vivo. La questione bioetica in questo caso è cosmocentrica. I cosmocentristi difendono il valore intrinseco della rarità, quindi, non sarebbe etico alterare la natura di un pianeta singolare e unico.

A parte queste curiosità, la mia tesi sostiene che la senzienza (e non l’intelligenza) dovrebbe essere la base del valore intrinseco. Difendo il fatto che l'intelligenza è un valore strumentale e non ci sono preoccupazioni morali nell'affermare che l'intelletto di Einstein fu strumentalmente più prezioso del mio o del vostro. La senzienza, d'altra parte, è l'attributo che consente la capacità di provare piacere o sperimentare la sofferenza, evitando l'ultima e cercando il primo. Un gatto, una mucca e un umano sono tutti capaci di provare piacere e sofferenza. Un umano con problemi mentali è meno intelligente di noi, ma solo un nazista direbbe che questa persona ha meno valore intrinseco di un’altra. Perché anche in una persona con problemi mentali, la senzienza esiste. Invece, è perfettamente possibile che un ente sia intelligente ma non senziente. Un’intelligenza artificiale, per esempio. Biologicamente parlando, è l’intelligenza che emerge dalla senzienza, ossia, l’intelligenza e la ragione sono attributi secondarie della senzienza.